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01/01/2007 SISTEMI INFORMATIVI COMUNICAZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Sebastiano Timpanaro Senior - Il pensiero
Giovanni Gentile, nonostante le differenti convinzioni politiche, lo stima al punto di nominarlo direttore della Domus Galilaeana, conoscendone lo spessore intellettuale e culturale. Anche Timpanaro è consapevole del terreno di interessi comune tra di loro, come si evince dalle righe che gli scrive: "Io non sono fascista né lo diventerò, ma credo di avere in comune con lei la volontà ferma di combattere l'indifferentismo e il teologismo che dominano ancora e forse più d'ieri nella scuola italiana. E credo di avere non solo il diritto ma anche il dovere imprescindibile di agire secondo la mia coscienza a qualunque costo" (16). In una cartolina che invia a Piero Gobetti (17), tuttavia, Timpanaro usa toni molto duri nei confronti di Gentile: "Sarebbe interessante sapere come Gentile e Lombardo Radice conciliino il loro idealismo con l'adesione a un governo che è la negazione più brutale dello spirito. E' contro questi ideal-schiavisti che io sono particolarmente indignato" (18). Timpanaro non comprende come Gentile possa vedere nel regime fascista l'espressione stessa della razionalità o della spiritualità assoluta e rappresentarne il massimo esponente culturale (19). A Gentile lo accomuna l'adesione al neo-idealismo italiano; da Gentile e da Croce lo distingue il proposito di inserire nell'idealismo italiano la rivalutazione delle scienze fisico-matematiche e naturali. Timpanaro è fautore di uno "storicismo idealistico" aperto alle ragioni della scienza. Contro la svalutazione fattane da Gentile e Croce, è un convinto assertore del valore conoscitivo, non soltanto "pratico" (20), delle scienze della natura. Ritiene necessario incrementare, oltre alla ricerca scientifica, la storia della scienza, che considera come il terreno d'incontro fra la cultura scientifica e la cultura umanistica. A questo proposito, è interessante l'inchiesta sull'idealismo (21) promossa da Piero Gobetti attraverso la sua rivista, "Il Baretti" (22). Nella circolare che Gobetti invia a Timpanaro (23), si legge: "Ill. Sig. per una inchiesta internazionale sull'idealismo italiano IL BARETTI si onora di sottoporre ai pensatori italiani e stranieri che rappresentano una posizione spirituale originale i quesiti che seguono. Ci auguriamo per la completezza e la serietà della nostra indagine che Ella voglia rispondere al più presto, anche brevemente, a tutte o a parte delle nostre domande.

Inchiesta sull'Idealismo

  1. Quale posto ha l'idealismo italiano nella filosofia europea contemporanea? Si può parlare di un idealismo italiano o conviene applicare un diverso discorso ai diversi idealisti? 
  2. Quale influenza ha dimostrato l'idealismo nella cultura filosofica, storica, religiosa, scientifica, letteraria e politica in Italia dopo il 1900? 
  3. L'idealismo è in crisi? Quali orientamenti si annunciano nella nuova filosofia?

Gradisca, illustre Signore, l'espressione della nostra stima e della nostra viva gratitudine. Piero Gobetti

Caro Timpanaro, le sarei grato se volesse rispondere per quel che riguarda la storia della scienza in rapporto all'idealismo in questo trentennio europeo. Da lei vorrei una risposta documentata di nomi e indirizzi - esauriente. Tenga conto che per la scienza ho interpellato solo Lei. Grazie. Affettuosi saluti dal suo Piero Gobetti" (24).

Timpanaro risponde (25) lamentando il disinteresse degli idealisti italiani nei confronti della scienza e la loro sostanziale ignoranza in materia (26). Denuncia la mancata influenza dell'idealismo italiano, oltre che sulla cultura scientifica contemporanea, anche sulla storia della scienza: "L'idealismo italiano non ha avuto e non poteva avere influenza sul movimento scientifico contemporaneo soprattutto perché i nostri filosofi, privi come sono di ogni simpatia per la scienza e di ogni seria cultura scientifica, non hanno saputo darci, sulla scienza, che teorie generali le quali, dal punto di vista scientifico, sono poco più che discorsi in aria. La stessa teoria che la scienza è esperienza assoluta, appunto perché è rimasta indifferente ai problemi, alle scoperte, alle teorie che più hanno appassionato gli scienziati, non ha avuto, com'era naturale, nessuna risonanza nel mondo scientifico; mentre le teorie einsteniane sulla relatività del tempo, dello spazio e della gravitazione, benché assai modeste dal punto di vista filosofico, hanno avuto un successo strepitoso perché erano, o sembravano, la soluzione delle difficoltà che travagliano la scienza contemporanea. Anche sulla storia della scienza l'influenza dell'idealismo, se si prescinde dall'Arduo e un po' dal Bilancioni, si deve considerare nulla o insignificante. Fuori o contro l'idealismo sono stati sempre infatti l'Ostwald, il Mach, il Poincaré, il Vailati, il Favaro, il Duhem, il Loria, il Marcolongo, il Vacca, l'Enriques, il Solovine; i vinciani Cermenati, direttore dell'Istituto di studi vinciani, Ettore Verga, direttore della Raccolta vinciana, Edmondo Solmi, De Torri, De Lorenzo, Séailles, Beltrami, Péladan, Bottazzi; la rivista Scientia di Eugenio Rignano, che si dice di sintesi scientifica ma è in realtà di alta volgarizzazione, di storia e di critica della scienza; la rivista Isis di Giorgio Santon, dedicata alla storia della scienza e della civiltà; l'Archivio di storia della scienza e Gli scienziati italiani di Aldo Mieli; l'Annuario scientifico ed industriale di Lavoro Amaduzzi; le numerose riviste, in generale tedesche (o rubriche di riviste) di bibliografia scientifica e infine le necrologie degli scienziati che si pubblicano nei periodici scientifici e negli atti accademici" (27). Timpanaro conclude così la sua risposta all'inchiesta: "Questa mancata influenza dell'idealismo italiano è stata un gran male per la scienza, che è rimasta quasi tagliata fuori dalla cultura contemporanea e soprattutto per la storia della scienza, la quale, dominata come è stata dal metodo erudito, non ha saputo rivelare valori nuovi. Ma essa costituisce senza dubbio anche un'obiezione contro il nostro idealismo, il quale, se non vuol dichiararsi incapace di penetrare la vita moderna, dovrà concepire rigorosamente tutta la realtà, e quindi anche la scienza, come spirito, realizzando finalmente quell'assoluta immanenza a cui sembrò mirare, quand'era filosofo, il Gentile" (28). Dobbiamo, purtroppo, riconoscere la straordinaria attualità della constatazione di Timpanaro, laddove denuncia l'assenza di un'intima fusione della scienza con la cultura. Timpanaro arriva alla conclusione che l'idealismo non può continuare ad ignorare la scienza, se vuole realizzare l'assoluta immanenza della realtà nell'atto del pensiero, di cui parla Gentile (29). Sebastiano Timpanaro, tra il 1923 e il 1925, intrattiene con Piero Gobetti una corrispondenza epistolare su cui vale la pena soffermarsi. Da essa emerge il ritratto di due uomini impegnati nell'attività letteraria e legati da un rapporto di stima reciproca. Gobetti sollecita continuamente la collaborazione di Timpanaro a "La Rivoluzione Liberale"e "Il Baretti", mostrando così di apprezzare molto la competenza di Timpanaro come letterato e come storico della scienza. In una cartolina, chiedendogli un articolo su Prezzolini, per "Rivoluzione Liberale", scrive: "... attendo l'articolo e spero che sia il primo di una serie, perché davvero sono spiacente di non aver ancora potuto pubblicare nessun saggio suo" (30). In una lettera, si legge: "Caro Timpanaro, le sarò grato se vorrà collaborare al Baretti con continuità. Se le rimane qualche scritto destinato all'Arduo e poi non pubblicato me lo mandi. E se ha idee per il Baretti me le comunichi; la consideri un po' come una rivista sua. Cordialmente suo Piero Gobetti" (31).

E ancora: "Caro Timpanaro, perché non collabora a Riv[oluzione] Lib[erale] e al Baretti? Quale biografia mi promette? E una biografia non farebbe la sua signora? Cordiali saluti dal suo Piero Gobetti" (32).

In una circolare, leggiamo: "Illustre Signore, Le sottoponiamo il piano di una grande collezione di biografie per la quale la sua collaborazione ci è indispensabile. Siccome la collezione si comporrà di parecchie centinaia di volumi che si stamperanno durante parecchi anni, la sua adesione ci sarà grata sia che Ella possa impegnarsi a consegnar subito la biografia da lei scelta sia che ci fissi un termine vicino o lontano per la consegna. Voglia ad ogni modo darci una sollecita risposta e se le è possibile ci indichi altri nomi di possibili collaboratori perché il nostro proposito è di non risparmiare sforzi pur che la collezione riesca degna degli studi italiani. Appena avremo la sua risposta le scriveremo per intenderci su tutte le condizioni. Con stima Piero Gobetti

Manca all'Italia una grande collezione di biografie scritte con serietà di critica e gusto d'arte. Le biografie che si usano scrivere tra noi o sono monografie erudite riservate a pochi specialisti o non escono dai generi della letteratura per ragazzi e dalla banale volgarizzazione. Noi ci volgiamo invece a studiosi e scrittori di sicura competenza e genialità impegnandoli a esporre i risultati più recenti della critica storica e delle loro nuove indagini in una sintesi storica originale in cui la limpidezza dell'esposizione si accompagni con un'erudizione sostanziale, il più che sarà possibile sottintesa" (33). Il carteggio fra Timpanaro e Gobetti dà anche notizia di progetti non andati in porto, come quello di una rivista tipo "Mercure de France" (34) o di una collana intitolata "Piccola Biblioteca di Scienza" (35) o la proposta di Gobetti di diventare il nuovo editore de "L'Arduo" (36). C'è infine la corrispondenza dalla quale emerge il rapporto umano fra i due, animato da sentimenti di sincera solidarietà. Leggiamo, ad esempio, le cartoline con le quali Timpanaro manda le sue congratulazioni a Gobetti alla notizia della sua scarcerazione e del recente matrimonio:

"Caro Gobetti, apprendo solo oggi dal Secolo, attraverso la notizia della sua scarcerazione (per la quale mi congratulo), quella del suo arresto e mi affretto a mandarle la più affettuosa solidarietà. Voglia gradire tanti saluti dal suo Seb. Timpanaro"; (37)

"Carissimo Gobetti, dal numero di novembre di "Arte e Vita" rilevo che lei ha sposato la signorina Prospero e mi affretto a farle le più vive congratulazioni e i più vivi auguri. Saluti distinti dal suo Seb. Timpanaro" (38).

Vorrei concludere questo breve viaggio nella corrispondenza epistolare fra Timpanaro e Gobetti con la lettera che, più di tutte, manifesta la stima di Timpanaro per l'editore e la loro comunanza di ideali:

"Caro Gobetti, leggo la notizia della sospensione della Rivoluzione Liberale e sento il bisogno d'inviarle l'espressione della più affettuosa solidarietà. Lei ha saputo tenere alta la bandiera della dignità umana e merita la più viva ammirazione. Quando l'Italia sarà degna di prendere il suo posto tra le nazioni moderne e si sarà perciò liberata, ma sul serio, dell'esosa barbarie che la disonora, lei avrà certamente la parte di prim'ordine che merita. In quest'augurio che è una fede incrollabile, le invio i più cordiali saluti. Il suo Seb. Timpanaro" (39).

Purtroppo, gran parte della corrispondenza epistolare di Sebastiano Timpanaro è andata perduta per varie vicende, fra cui i bombardamenti aerei che colpirono parte della Domus Galilaeana, dove era custodita. Quel poco che è rimasto consente, tuttavia, di ricostruire i legami di Timpanaro con l'ambiente culturale del suo tempo. Timpanaro riceve tantissime richieste di collaborazione da parte di vari giornali e riviste come, per esempio, "Il Selvaggio" (40), "Il Saggiatore", "Solaria", "Omnibus", "Storia", "Il Popolo d'Italia", "Elettrotecnica", "Die Italien Zeitung", "L'Elettricista", "L'Ambrosiano", "Tempo". Il direttore del quotidiano milanese "L'Ambrosiano", Giulio Benedetti, con la missiva del 7 novembre 1938, comunica a Timpanaro che il giornale uscirà in una nuova serie e gli chiede di tornare a collaborare come una delle "firme autorevoli e care al pubblico" (41). Lo stesso giorno gli manda un'altra lettera con la quale gli chiede, poiché c'è la probabilità che quell'anno il premio Nobel venga conferito a Enrico Fermi, di redigere "una simpatica biografia del premiato che Voi meglio di qualunque altro sapete fare" (42). Indro Montanelli, il 19 aprile 1939, su carta intestata a Anonima Periodici Italiani, gli comunica che il prossimo mese uscirà "Tempo"; aggiunge che sarebbe lieto di poterlo considerare "come uno dei nostri più assidui collaboratori" (43). Lo sollecita a "mettere a fuoco con una conversazione dettagliata tutti i servizi sui quali esso [il genere di rivista] si baserà. E il vostro sarebbe uno dei più delicati e importanti" (44). La corrispondenza di Sebastiano Timpanaro ci offre, inoltre, una testimonianza delle proposte ricevute dalle case editrici Mondadori (45) e Bompiani (46) per la pubblicazione di opere di carattere scientifico. Ci sono anche lettere di scienziati e docenti universitari come, per esempio, Giuseppe Peano, Roberto Marcolongo, Quirino Maiorana, Orso Mario Corbino, Vasco Ronchi e di personaggi di spicco del mondo della scienza, come Maurice Fréchet e Louis de Broglie. Quest'ultimo, il 18 aprile 1935, ringrazia Sebastiano Timpanaro per un articolo uscito su "L'Ambrosiano": "Je l'ai lu avec beaucoup interêt et je vous remercie de tout que vous dites au sujet de ma nouvelle théorie du photon. Vous avez très bien su exprimer ma pensée et je vous suis très reconnaissant" (47). Dello stesso tenore è la lettera di ringraziamento che Giovanni Verga manda al nostro Sebastiano Timpanaro:

"Illustr.mo Sig. Dott. Seb. Timpanaro Tortorici (Messina) Catania, 20-10.920 Grazie, grazie, caro Timpanaro. Il suo articolo sull'ultima scena dei Malavoglia mi ha fatto gran piacere, mostrandomi di esser riescito a rendere quanto mi ero proposto mettendomi nello stato d'animo di quella gente - a un critico del suo valore - Le stringo le mani cordialmente nel dirle ancora grazie suo G. Verga" (48). Una lettera di Eugenio Montale accoglie lo sfogo del poeta nei confronti della critica che ha stroncato le sue poesie: "Caro Timp, ti ringrazio della tua lettera. Ho visto infatti l'art. del Marzot (49), molto istruttivo. Pare impossibile che nel 1931, e sulle orme di Croce, ci sia ancora chi si diverte con classicismi e romanticismi, Gozzano, crepuscolarismi, "intellettualismi" ecc.; e chi concepisce fantasia e ragione come compartimenti stagni non comunicanti. Se io fossi un "intellettuale" potrei far versi a volontà. Invece sai come stanno le cose... Belli o brutti che siano i miei versi, pochi poeti hanno impregnato di tanta emozione patita e sofferta le proprie liriche. Il crocianesimo va sboccando in una nuova e peggiore critica teologica, lontanissima dalla vita. T'avviso anche che due o tre delle frasi citate ("l'infinito fatale", "le giostre d'oro", "le cose chiedono di resistere") sono irreperibili nel mio libro. Quando vieni? Affettuosamente tuo Eugenio" (50). Anche Camillo Sbarbaro e Attilio Bertolucci fanno parte della cerchia di amicizie di Sebastiano Timpanaro. Il sodalizio col giovane Bertolucci inizia negli anni venti a Parma, dove Timpanaro lavora, e continua anche dopo il suo trasferimento a Firenze. Da una lettera che Bertolucci manda a Timpanaro si comprende come il dialogo tra l'adolescente e l'uomo maturo sia reso possibile dalla precocità degli interessi letterari del giovane liceale. Quest'ultimo scrive: "Parma 18 novembre 1930 Caro Timpanaro, le scrivo per farle sapere che sto molto bene, e così spero di lei. Nonché per dirle che sono stato nominato Fiduciario del Sindacato degli Autori e Scrittori di Parma, che ho scritto sei nuove ottime poesie, che Angelo Barile è un cattivo parnassiano in ritardo e che gli preferisco Lipparini, che Diego Valeri è un vero poeta, e che io sono molto triste perché sono l'unico che pensi seriamente alla Certosa (51). Bianchi e Minardi, che in qualità di disoccupati hanno tutto il giorno libero davanti a sé, sono sterili fannulloni e rinunciatari. Io solo combatterò, procomberò sol io. Ma io devo studiare la dinamica, e l'elettricità, e l'ottica, e non capisco niente, per cui mi tocca faticare mezza giornata per capire le leggi più semplici. O Fisica! La chimica mi entra di più. Sono prigioniero della Licenza Liceale. Medito evasioni impossibili, farei l'esploratore nel Mato Grosso, o il bandito a Chicago. Sono stanchissimo di questo vecchio mondo rovinato da troppa storia. Se mi domandassero cosa sono, risponderei: "Aspirante americano". Tombari non vale niente, è rettorico, letterario, gonfio. Spero che lei venerdì sera sarà fra noi. Le chiedo scusa d'averla annoiata per cinque minuti e le mando i miei più affettuosi saluti suo Attilio B." (52). Frequente è lo scambio epistolare con Filippo de Pisis. In una lettera, il pittore scrive: "Caro Timpanaro! grazie per le belle fotografie e per le sue care e squisite lettere! Per il quadro deve esser sorto un piccolo malinteso (per colpa mia). Ero convinto che lei volesse i "fiori" grande quadro di "fiori di campo" così figura sul catalogo con una farfalla bianca che si "libra" in aria; ora mi viene in mente che lei voglia in realtà gli altri "fiori" tela lunga (orizzontale) dove è una sola rosa rossa e un mazzo di giacinti bianchissimi, posati su un Tiepolo. Questa tela ahimè appartiene a un mio fratello (gliela offersi per il suo matrimonio) e non posso quindi cedergliela. Se vuole potrei darle le "mandorle verdi" (per questo quadro non c'è nulla da pagare si dogana) (53) che a giudizio di molti pittori era il pezzo più prezioso alla parete. L'"interno" l'ò venduto! Mi scusi per questo contrattempo! Venezia è stata in questi due giorni di pioggia un po' squallida. Qui non posso scriverle, ma lo farò un giorno da Parigi. Vorrei ancora dirle quanto piacere mi à fatto il conoscerla. Ho subito sentito in lei uno Spirito raro. Ho fatto qualche altra Venezia che credo le piacerebbe. Saluti a tutti gli amici e mille cose aff.me dal suo vecchio F. de Pisis Io da lunedì sarò a Milano. Albergo Roma Via Durini Lessi ricordo e conobbi benissimo Mario Pant (54). Diamine!! "(55). C'è un'altra missiva del pittore-scrittore Mino Maccari che fornisce un'ulteriore testimonianza dell'amore di Timpanaro per l'arte e della sua passione per il collezionismo: "Per le mie stampe, abbia ancora un po' di pazienza. Se si ridà vita al Selvaggio io sarò più contento, prenderò più gusto a disegnare e a incidere. Non voglio cavarmela con vecchie cose. S'immagini se non mi piacerebbe di avere qualche stampa di Fattori! - Mi scriva dunque e mi faccia avere la sua collaborazione. Non viene mai a Roma? Si abbia i cordiali saluti del suo aff. Mino Maccari" (56) .

Note

(16) Così si conclude la lettera di Timpanaro a Gentile, datata: 7.12.1926. Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 54. (17) Cartolina del 13.2.1923. Cfr. P. Polito, op. cit., p. 79. (18) Cfr. P. Polito, op. cit., p. 79. (19) Già nell'opera di Gentile Fondamenti della filosofia del diritto, pubblicata nel 1916, si ha la giustificazione dello stato assolutistico e totalitario, giustificazione che si fa esplicita in Genesi e struttura della società, pubblicata postuma (1946). Nel suo ultimo scritto, Gentile elimina la distinzione tra privato e pubblico negando così la possibilità di limitare l'azione dello stato: "Niente privato, dunque; e niente limiti all'azione statale. Dottrina che ha due aspetti; e non si può considerare da un solo di essi senza essere sfigurata e alterata nella sua essenza. Questa dottrina pare che faccia inghiottire dallo Stato l'individuo; e che nell'autorità faccia assorbire senza residuo la libertà che ad ogni autorità dovrebbe contrapporsi come suo limite. Il regime conforme a tale dottrina si dice totalitario e autoritario e si contrappone alla democrazia, come sistema della libertà. Ma si può anche dire l'opposto: che cioè in questo Stato che, in concreto, è la stessa volontà dell'individuo in quanto universale e assoluta, l'individuo inghiotta lo Stato; e che l'autorità (la legittima autorità) non potendo essere espressa d'altronde che dalla attualità del volere individuale, si risolve essa senza residuo nella libertà. Ed ecco che l'autoritarismo si rovescia sulla sua base e sembra si converta nel suo opposto. Ed ecco che la vera assoluta democrazia non è quella che vuole limitato lo Stato, ma quella che non pone limiti allo Stato che si svolge nell'intimità dell'individuo e gli conferisce la forza del diritto nella sua assoluta universalità". Cfr. G. Gentile, Genesi e struttura della società, Firenze, 1946, p. 121. (20) Per quanto riguarda Croce, sappiamo che distingue quattro gradi dello spirito, l'arte, la filosofia, l'economia, l'etica. C'è opposizione solo all'interno di ciascun grado (per esempio, bello e brutto nell'arte, vero e falso nella filosofia, utile e inutile nell'economia, bene e male nell'etica ), mentre fra i quattro gradi dello spirito c'è solo distinzione. I distinti (cioè i gradi dello spirito) si raggruppano nelle due forme fondamentali dello spirito, quella teoretica e quella pratica. Arte e filosofia rientrano nella forma teoretica, economia ed etica nella forma pratica. L'arte è conoscenza intuitiva o del particolare, la filosofia conoscenza logica o dell'universale, l'economia è la volizione del particolare, l'etica è la volizione dell'universale. "Particolarmente largo è l'uso della nozione di "economia" da parte di Croce; sotto questa categoria egli ingloba non soltanto l'economia nel senso specifico, ma anche tutte le attività umane rivolte al successo pratico, all'efficacia tecnica, come per es. il diritto e la politica, e le stesse scienze, sperimentali o deduttive, ma comunque procedenti per generalizzazione". Cfr. Enciclopedia Garzanti di filosofia, 1993, p. 234. "... il giudizio sulla realtà concreta o di fatto per Croce si identifica con il giudizio storico: sicché il vero pensare, il vero concetto, è sempre un pensare ed un concetto storico e si identifica anzi con la storia in quanto pensiero. Tuttavia quel concetto che finisce per rivelarsi identico al sapere storico è piuttosto il Concetto: cioè lo stesso Spirito infinito nella forma della sua autoconoscenza razionale. Non ha perciò niente a che fare con quelli che si chiamano concetti nel linguaggio comune e nella scienza; e questi, secondo Croce, non sono veramente concetti ma pseudo-concetti o finzioni concettuali. Per spiegarne l'origine e la funzione, Croce ricorre alla forma pratica dello spirito... Gli pseudo-concetti servono l'interesse pratico di provvedere alla conservazione del patrimonio delle conoscenze acquistate. Nella stessa forma pratica trova posto l'errore, che cade fuori della conoscenza, che è sempre verità e verità assoluta. Le scienze come pseudo-concetti e gli errori di ogni specie vengono quindi respinti insieme da Croce nella forma pratica dello spirito e considerate a tutti gli effetti non come conoscenze, ma come azioni. La forma economica dello spirito compie nella dottrina di Croce la stessa funzione che nella dottrina di Hegel era compiuta dalla natura: essa accoglie in sé l'irrazionale, il contingente, l'individuale, quindi i bisogni, le passioni ecc., e in una parola tutto ciò che non può essere assimilato all'espressione poetica o al sapere storico". Cfr. N. Abbagnano-G. Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, vol. III, Torino, Paravia, 1992, p. 391. (21) Oltre a Sebastiano Timpanaro, vi partecipano Giuseppe Prezzolini, Santino Caramella, Rodolfo Mondolfo e Angelo Crespi. (22) "Le tre riviste fondate e dirette da P. Gobetti, Energie nove (1918-1920), La Rivoluzione Liberale (1922-1925), Il Baretti (1924-1928) costituiscono una delle esperienze più originali della vita culturale torinese e italiana negli anni che vanno dal primo dopoguerra all'avvento e alla definitiva affermazione del fascismo... Il Baretti, presentato inizialmente come "supplemento letterario quindicinale" di Rivoluzione Liberale, nella sua concreta realizzazione non ebbe mai carattere di "supplemento" né di letterario hortus conclusus, ma acquistò sempre più la funzione di ulteriore lotta al regime, al provincialismo, al 'vuoto' culturale... Il significato più profondo del Baretti, pur nelle sue alterne vicende e nella evidente difficoltà in cui si muoveva il ristretto gruppo che aveva consentito la prosecuzione della rivista, è da ricercarsi nella lezione di europeismo, di serietà, di opposizione culturale al provincialismo ed alla superficialità imperanti; ma anche, e soprattutto, in quella eredità che ha lasciato ai molti giovani intellettuali formatisi nell'ambiente gobettiano e alle esperienze e iniziative culturali successive, difficilmente comprensibili e giustificabili se non si tenesse presente il ruolo operato dall'ultima rivista di Gobetti, costretta, alla fine del '28, a cessare le pubblicazioni". Cfr. M. C. Angelini, Le riviste di Piero Gobetti, in AA.VV., Letteratura Italiana Contemporanea, diretta da Gaetano Mariani e Mario Petrucciani, vol. II, Roma, Lucarini, 1980, pp. 85-101. (23) Circolare non datata; timbro postale sulla busta: Torino, 31 agosto 1925. L'indirizzo, "Prof. S. Timpanaro, R. Università, Parma" è corretto in "Tortorici, (Prov. di Messina)". (24) Cfr. P. Polito, op. cit., p. 92. (25) La risposta di Timpanaro all'inchiesta esce nel "Baretti" del nov. 1925. Viene ripubblicata in S. Timpanaro, Scritti di storia e critica della scienza, Firenze, Sansoni, 1952, pp. 27-29, sotto il titolo Scienza e idealismo, assieme a quattro brevi scritti tratti da "L'Arduo" (1914, p. 98; 1922, p. 115 e p. 352). (26) Tre dei quattro scritti di cui sopra sono incentrati proprio sull'ignoranza dei filosofi nel campo scientifico. Si noti il tono molto polemico usato da Timpanaro: "Nessuno ha combattuto così accanitamente il dilettantismo quanto Benedetto Croce, ma il migliore esempio di dilettantismo è la critica che il Croce, analfabeta della scienza, ha fatto alla scienza. *** Come mai gli hegeliani non hanno ancora capito che gli argomenti con i quali il Gentile ha dimostrato l'unità di filosofia e di storia della filosofia si possono ripetere per dimostrare l'unità di scienza e di storia della scienza? Come mai possono credere pensiero le loro critiche alla matematica che sono appena degne d'un principiante mediocre e non le opere dei genii matematici? E che cosa sono le loro critiche se non degli aborti di storia di quel tantino di matematica di cui hanno una conoscenza superficialissima? *** Benedetto Croce ha detto recentemente che non si può filosofare sopra un ordine di fatti senza possederne la diuturna, varia e viva esperienza, e che di ciò che non ci ha profondamente interessato non si può fare filosofia profonda. Ma se questo è vero - ed è verissimo -, bisogna pure convenire che i filosofi italiani, i quali sono quasi tutti filosofi in senso stretto, non sono in grado di dirci nulla su ciò che non sia filosofia in senso stretto: nulla, in particolare, sull'arte e sulla scienza. E che sarebbe tempo che essi prendessero coscienza dei propri limiti e smettessero di ammannirci fastidiosi discorsi in aria". Cfr. S. Timpanaro, op. cit., pp. 28-29. Il quarto scritto sembra suggerire, con un tono altrettanto polemico, il connubio di filosofia e scienza auspicato da Timpanaro: "La limitatezza che, secondo qualche filosofo, sarebbe propria degli scienziati non esiste; e nemmeno ci sembra ammissibile l'idea, sostenuta da qualche altro, che lo scienziato sappia senza capire e che invece il filosofo capisca. Hertz quando rielabora le equazioni di Maxwell e scopre e studia le onde elettromagnetiche sa e capisce: è un punto saldissimo dello spirito. La limitatezza che qualche volta si deve rimproverare allo scienziato non riguarda propriamente lo scienziato, ma il filosofo o meglio il dogmatico che sonnecchia in fondo alla sua mente (e in fondo alla mente d'ogni uomo). Ma come è limitato, superficiale, falso lo scienziato in quanto cattivo filosofo, non meno falso, superficiale e limitato è il filosofo in quanto cattivo scienziato. Attività privilegiate non ce ne sono. Ogni volta che si è svegli - sia pure davanti a una bolla di sapone -, lì c'è tutto lo spirito, mentre se si sonnecchia davanti ai più eccelsi problemi lo spirito si eclissa". (27) Cfr. S. Timpanaro, op. cit., pp. 27-28. (28) Cfr. S. Timpanaro, op. cit., p. 28. (29) Così N. Abbagnano spiega il modo in cui Gentile concepisce l'immanenza assoluta: "... nessuna realtà è tale se non in quanto, e nell'atto, in cui viene pensata come realtà. La vera e unica realtà è quindi il pensiero in atto, o il soggetto attuale del pensiero (=attualismo). E' bensì vero che il soggetto, in quanto pensa, pensa necessariamente qualcosa che è per lui un oggetto; ma l'oggetto del pensiero, sia esso la natura o Dio, il proprio io o quello degli altri, non ha realtà fuori dell'atto del pensiero che lo pensa e, pensandolo, lo pone. Quest'atto è dunque creatore, e in quanto creatore, infinito, perché non ha nulla fuori di sé che possa limitarlo. Questo principio realizza la rigorosa e totale immanenza di ogni realtà nel soggetto pensante. Né la natura né Dio e neppure il passato e l'avvenire, il male e il bene, l'errore e la verità, sussistono comunque fuori dell'atto del pensiero. Gli sviluppi che Gentile ha dato alla sua dottrina consistono essenzialmente nel mostrare l'immanenza di tutti gli aspetti della realtà nel pensiero che li pensa e nel risolverli in questo". Cfr. N. Abbagnano-G. Fornero, op. cit., p. 382. Ma leggiamo le parole dello stesso Gentile: "La sola realtà solida, che mi sia dato affermare, e con la quale deve perciò legarsi ogni realtà che io possa pensare, è quella stessa che pensa; la quale si realizza ed è così una realtà, soltanto nell'atto che si pensa. Quindi l'immanenza di tutto il pensabile all'atto del pensare; o, tout court, all'atto; poiché di attuale, per quel che s'è detto, non c'è se non il pensare in atto; e tutto quello che si può pensare come diverso da questo atto, si attua in concreto in quanto è immanente all'atto stesso". Cfr. G. Gentile, op. cit., p. 20. Per Gentile si può parlare solo di una dialettica del pensante, cioè del soggetto che pensa, nell'atto in cui pensa e non del pensato, cioè del concetto o della realtà pensabile, come fa Hegel. Tutto questo perché l'unica realtà che si possa affermare è il pensiero auto-cosciente. Nel processo dialettico, "... l'arte rappresenta il momento della soggettività, la religione e la scienza il momento dell'oggettività e la filosofia il sapere assoluto, per il quale il soggetto diventa consapevole che è lui e lui solo a porre l'oggetto... la scienza... è... posizione di un oggetto, la natura, che si ritiene presupposto al soggetto. La scienza, secondo Gentile, è necessariamente dogmatismo e naturalismo: dogmatismo per il suo presupposto realistico, in quanto afferma che c'è una realtà (la natura) al di fuori e indipendentemente dal soggetto; naturalismo perché la realtà naturale così presupposta non può essere che immobilità e meccanismo, quindi negazione dello spirito". Cfr. N. Abbagnano-G. Fornero, op. cit., p. 383. (30) Timpanaro non collaborerà a "La Rivoluzione Liberale". Cartolina intestata a "Piero Gobetti Editore, Torino, Via XX Settembre 60"; timbro postale: Torino, 10 giugno 1923. Cfr. P. Polito, op. cit., p. 80. (31) Lettera intestata a "PIERO GOBETTI EDITORE, Torino, via XX Settembre 60"; timbro postale: Torino, 4 gennaio 1925. Cfr. P. Polito, op. cit., p. 88. (32) Lettera intestata a "PIERO GOBETTI-EDITORE, La Rivoluzione Liberale, Il Baretti, Torino". Cfr. P. Polito, op. cit., p. 88. (33) Circolare dattilosritta con timbro: "PIERO GOBETTI-EDITORE, Torino, Via XX Settembre 60". " Cfr. P. Polito, op. cit., pp. 89-90. (34) "Che cosa è successo dell'Arduo? Se non esce più mi dica se i suoi finanziatori sarebbero disposti a entrare in una grande combinazione per una rivista mensile che sostituendo la Nuova Ant[ologia] sia una specie di Mercure de Fr[ance] vecchio per l'Italia. Le ho detto dei nomi come limiti. Ma sarà tutt'altro e soprattutto originale con la collaboraz[ione] dei migliori scrittori d'Italia e scevra di pose. Affettuosamente P.Gobetti". Cfr. P. Polito, op. cit., p. 80. (35) Timpanaro propone a Gobetti: "Nel prossimo fascicolo uscirà in antologia: H.A. Lorentz, Considerazioni elementari sul principio di relatività, trad. da me, con note. Sarà circa venti pp [pagine] dell'Arduo. Vuole che ne facciamo degli estratti col suo nome come editore (senza dire che si tratta di estratti)? E' un lavoro interessantissimo. Il suo Seb. Timpanaro". (Cartolina intestata a "Istituto Fisico della R. Università di Parma"). L'editore risponde: "Caro Timpanaro, facciamo pure gli estratti/volumetti. Anzi potremo farlo sistematicamente per tutto quello che pubblica l'Arduo di notevole e mettere accanto al frontespizio l'indicazione: Piccola Biblioteca di Scienza n. 1 e successivi". (Lettera intestata a "Piero Gobetti Editore, Torino, Via XX Settembre 60"; timbro postale: Torino, 20 agosto 1923). Cfr. P. Polito, op. cit., pp. 84-85. "La Piccola Biblioteca di Scienza" ospiterà solo il volumetto del Lorentz, a cura di S. Timpanaro. (36) "... se l'Arduo riprende, le propongo di assicurarne io l'amministrazione, a condizioni convenienti. Intanto io le posso subito garantire una miglior diffusione, e me ne occuperei con più diligenza, avendo ormai un'organizzazione. Io tendo a raccogliere le migliori iniziative di questi ultimi anni, consolidarle e creare per l'avvenire un organismo sicuro, grande che abbia la forza delle case principali, con lo spirito giovane. L'Arduo è una di queste iniziative". (Lettera intestata a "Piero Gobetti Editore, Torino, Via XX Settembre 60"; timbro postale: Torino, 24 giugno 1923). Cfr. P. Polito, op. cit., p. 82. Timpanaro risponde così: "Carissimo Gobetti, sa perché non le ho più scritto? Perché con Biancoli abbiamo dovuto convenire che non potevamo darle nessuna seria garanzia per l'Arduo. Così mentre le siamo grati per la sua offerta, per ora non possiamo farne nulla. L'Arduo quest'anno uscirà in forma ridotta. L'anno prossimo speriamo di essere in migliori condizioni e allora vedremo se sarà il caso di cercare un editore, cioè di affidare a lei la rivista". (Cartolina intestata a "Istituto Fisico della R. Università di Parma"). Cfr. P. Polito, op. cit., p. 84. (37) Cartolina datata: "Parma, 13.2.1923". Cfr. P. Polito, op. cit., p. 79. (38) Cartolina datata: "Parma, 25.11.1923". Cfr. P. Polito, op. cit., p. 87. (39) Lettera datata: "Parma, 11.11.1925". Cfr. P. Polito, op. cit., p. 94. (40) Mino Maccari scrive a Timpanaro: "... per fare uscire un po' più spesso il Selvaggio, dato che io sono di cattivo umore e sfiduciato di me stesso, avrei bisogno di collaboratori e Lei mi potrebbe aiutare scrivendo quel che più Le piace o le sembra opportuno e nella forma che crede meglio". Lettera del 10 dicembre 1938, su carta intestata a "Il Selvaggio - Fondato nel 1924, Direzione in Roma, via del Gambero, 8". Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 46. (41) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 50. (42) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 50. (43) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 51. (44) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 52. (45) Il 23 novembre 1936 la Casa editrice Mondadori manda a Tmpanaro il testo di un contratto per una edizione in due volumi di 1300 pagine ciascuno di tutte le opere di Leonardo da Vinci per la collezione di Classici Italiani diretta da Francesco Flora. (46) Il 21 dicembre 1940 Valentino Bompiani propone a Timpanaro la trattazione delle principali opere di fisica e matematica dal periodo greco in poi per il Dizionario delle Opere. (47) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 53. (48) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 44. (49) Giulio Marzot è un critico e storico della letteratura italiana. (50) Lettera intestata al Gabinetto G. P. Vieusseux, in Palazzo di Parte Guelfa, Firenze. Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 45. (51) Si tratta probabilmente di una rivista che Bertolucci vorrebbe fondare; non si hanno notizie sulla sua realizzazione. (52) Lettera spedita a Firenze, presso le Scuole Pie. Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 48. (53) Non ci sono spese di dogana perché l'opera si trova in Italia. E' necessario ricordare che il pittore, intorno alla metà degli anni trenta, ha l'abitudine di trascorrere l'estate dal fratello, in Francia, dove continua la sua intensa attività artistica. (54) Mario Pant è il cognome anagrammato di Timpanaro, con il quale a volte l'intellettuale firma i suoi scritti letterari. (55) Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 47. (56) Parte conclusiva della lettera datata: "Roma 10 dic. 938"; la carta è intestata a "Il Selvaggio - Fondato nel 1924, Direzione in Roma, via del Gambero, 8". Cfr. R. Gherardini, op. cit., p. 46. Probabilmente, Timpanaro ha promesso a Maccari alcune incisioni di Fattori in cambio di stampe del pittore.

 
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