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28/06/2012 SISTEMI INFORMATIVI COMUNICAZIONE E INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Oggi alle 18.00 i funerali del Prof. Rosario Parasiliti

Si svolgeranno oggi alle 18.00 nella chiesa Santa Maria Assunta di Tortorici, i funerali del prof. Rosario Parasiliti rientrato in nottata dalla Turchia, dove nei giorni scorsi si trovava per un viaggio di istruzione insieme agli studenti del liceo nel quale insegnava e dove aveva perso la vita a seguito di un grave malore.

L'Avv. Calogero Randazzo ha voluto salutare così il suo amico Rosario Parasiliti:

Caro Saro,
             avrei voluto sentirti raccontare, con quel tuo discorrere affabulatorio,pieno di pause come di chi mentre parla si vede la mente assalita da una folla di pensieri diversi,la triste disavventura capitatati in Turchia e rivelatasi, purtroppo, fatale;
            avrei voluto sentirti ancora parlare della tua prima opera “Tortorici Victoriosa Civitas-Annali 1860-1861” cui dovevano seguire gli annali successivi dei quali avevi già raccolto tutto il materiale che attendeva solo di essere ordinato;
            avrei voluto ancora sentirti mentre mi parli della tua seconda fatica “ La campana del litigio” della quale, in una sera del nostro gelido gennaio,in prossimità della festa di S.Sebastiano, mi leggesti la pagina sul vecchio campanaro Mastro Jacopo Marotta che parla agli altri campanari che litigano sulla attribuzione della proprietà di una campana, ritrovata nel fiume dopo la tremenda alluvione del 1682,che i mariani avevano sottratto ai nicolini i quali pretendevano di essere gli unici proprietari.Una pagina felice, felicemente riuscita e ripresa dall'emerito Procuratore della Repubblica di Lecco Dr. Stanislao Franchina nella sua affascinante presentazione del libro fatta nella nostra Batia.La trascrivo perchè nelle riflessioni del Campanaro scorgo il senso della tua vita.
      “Interviene mastro Jacopo Marotta raccomandando a tutti la calma: questo è un anno particolare,il litigio per la campana non solo ha diviso passionalmente tutti,ma violentemente ha quasi profanato il mistero dell'arte della fusione; con questa storia molti improvvisamente sono diventati esperti, nella platea tutti dissertano sulle campane e quasi si considerano fonditori.
       Io parlo con dolore,mi sono bruciato gli occhi diventando quasi cieco quando,scassando il forno per la colata, sono stato investito dal forte calore e da qualche coccio di bronzo, ma forse comprendo meglio le cose perchè non vedo gli uomini che oggi miseramente si affannano in un litigio,dal quale noi dobbiamo restare estranei.
      Noi siamo stati e siamo artisti girovaghi,sempre in viaggio per il regno, attenti alla nostra maestria ed estranei alle tante misere beghe che affannano la comunità,siamo i maestri del bel suono e non delle parole rumorose e chiassose.
      La campana, fredda e taciturna sta immobile appesa alla trave che la sostiene,ma picchiata dal martello o percossa dal battaglio trasmette subito le sue voci sonore.
     Questa volta è stata picchiata in modo violento e scomposto ed il suono è stridulo e rumoroso.
     La gente delle campane è abituata a sentire il suono e le giudica per il timbro, solo pochi hanno la possibilità di vederle da vicino, osservarne la fattura.
     La campana quindi si sente e non si vede, è quasi un oggetto misterioso per i più; anche il fonditore che ne è l'artefice è avvolto in questo alone di mistero, perchè a differenza di altri artisti la sua maestria ha a che fare con la terra,l'aria,l'acqua ed il fuoco,i quattro elementi primordiali.
     Deve sapere lavorare la terra per sagomare, col garbo dell'occhio una bella forma,asciugare la creta,accendere il fuoco, sciogliere i metalli, fare la lega,sentirne l'odore,colare il bronzo.
     Il litigio nel nostro paese ha per un momento fatto saltare il tappo di questo forno con il metallo infuocato dentro.
     L'anima del fonditore che è l'anima di tutta la città viveva quietamente e misteriosamente, all'improvviso si è ridestata e come un vulcano emana dalle sue viscere quanto dentro ribolle provocando distruzione,ma anche passione,meraviglia e stupore.
     E' anche logico che emergano fatti che, per noi conoscitori della materia,hanno poca importanza,ma hanno alimentato leggende e fantasie contribuendo indirettamente a dare un tono di grandezza, di suggestione, di intrigo, di fascino e d'ammirazione alla nostra arte.
     Ed io, che ora quasi cieco vivo allevando bachi da seta e aiuto qualcuno nella sagomatura della creta v'invidio, perchè terribilmente mi manca il colore e la fluidità del metallo che ribolle nel forno, il flusso della colata che dà forma alla campana,che dopo tante fatiche sarà issata, con giubilo del popolo,su una torre campanaria per diventare bronzea voce che loda Dio, convoca il popolo, scaccia i demoni e le tempeste scema, chiama i viventi al cui morire geme, dichiara la guerra, annuncia la pace, allontana la peste e sconfigge la nera fame.
     La campana solitaria e messaggera scandisce il tempo e segna i fatti delle piccole e grandi comunità.
     Cambiano le epoche e le circostanze, ma la campana è sempre la stessa perchè la sua forza è la capacità di emettere tanti suoni che si caricano di significati diversi trasmettendo emozioni,gioia, dolore,pace, paura,speranza.
     Ecco perchè noi siamo considerati strani e magici, perchè facciamo vibrare il cuore degli uomini, parliamo all'anima e non alla ragione, per questo siamo ammirati.
In questa dimensione complessa il nostro è un lavoro nobile, perchè noi diamo forma,suono e voce alla materia,non siamo chiacchieroni,parolai, ma sappiamo comunicare con un linguaggio universale,per questo siamo convocati,stimati,ammirati e talvolta sospettati.
     Io che ripeto sono quasi cieco, vivo producendo seta assieme a mio suocero Michelangelo Paraxiliti, allevo i bachi, coltivo il gelso,curo il nutricato, produco il filo, litigo per il prezzo,,un'attività che rende bene e mi fa vivere agiatamente, ma non ho la fortuna di vedere il prodotto finito da me, perchè altri lo tessono, altri ancora lo colorano,altri lo vendono,altri lo cuciono.
     Rispetto alla campana che è un'opera prodotta dalla mia maestria, dal disegno alla fusione,l'allevamento è un piccolo segmento della complessa fase di lavorazione della seta che si conclude con una estenuante contrattazione mercantile sul prezzo, in una squallida fiera.
     Quando si completa la campana, c'è l'orgoglio per una sfida vinta,c'è la folla che l'ammira, che la solleva sul campanile,c'è l'ansia per sentire il suono buono e perfetto e se tutto va bene lo scampanio a voga diventa l'orgoglio per un'opera fatta con ingegno e maestria, apprezzata e applaudita da tutto un popolo festante che ha ritrovato una nuova voce.
     Per l'insieme di queste cose siamo stati sempre famosi.
     Non ci dobbiamo affannare né angustiare per questa temporanea bega che il popolo vive come passatempo.
     Fra qualche mese il popolo troverà un nuovo motivo per litigare,dividersi e poi un altro ancora.
     La Societas non si deve far coinvolgere in questo laghetto di litigi.
     Noi siamo altra cosa e per un momento fate come me, non guardate i volti facinorosi e rancorosi della plebe”.
     Avrei voluto risentire, a proposito della presentazione di questo libro, le risate che ci facemmo quando nel preparare la locandina litigavamo sulla opportunità di inserire una frase latina tratta dalle iscrizioni di una campana.” Disincantato e irriverente” intervenne il tuo caro rampollo Oscar, al quale in questo momento di tristezza va tutto il mio affetto insieme ad Antonio e Clelia,che ci smontò dicendo:”ma che ci litigate a fare, tanto a leggerla la scritta in latino sarete solo in due,voi due soli”!
     Avrei voluto ancora vederti mentre abilmente ti destreggi, quale Presidente della Commissione del Santo patrono, fra i “nudi” che, animati di spirito “di-vino”,fanno ballare la vara del Santo con grande disappunto dell'accigliato Arciprete;
     avrei voluto ancora vederti mentre indossi la elegante divisa dei “Cavalieri dei Nebrodi”,divertito della compagnia non proprio bene assortita, fatta di cavalli scarsamente adusi ai tornei e di cavalieri piuttosto improvvisati;
     avrei ancora voluto sentirti parlare della Riserva Naturale Calagni e della Petagnia Saniculaefolia che vi vegeta e che tanto ci faceva sorridere,sotto il tuo sguardo ironico e indulgente, perchè,sonnacchiosi e ignoranti,ritenevamo che si trattasse di una comune erba di campo e non di quella inestimabile rarità protetta dalla Convenzione di Berna;
     avrei voluto che tu avessi mantenuto la promessa di scrivere la storia del nostro Circolo Orice fondato nel 1864, che dovevamo stampare – seguendo la lievità da te tante volte dimostrata nelle più importanti manifestazioni del Centro di Storia patria di cui sei stato anche Presidente - con un giurassico ciclostile recentemente donatoci;
     avrei voluto sentire ancora l'entusiasmo con cui mi parlavi dei festeggiamenti per il 75° anniversario dell'istituzione a Patti del (nostro) Liceo Classico,”per seguir virtute e canoscenza”, e di “Tindari Teatro Giovani” a cui dedicavi gran parte del tuo tempo;
tutto questo avrei voluto sentire io, unitamente ai molti amici che ebbero la fortuna di conoscerti e ammirarti.
     Tanto non ci è stato dato; ci resta solo un mesto corteo accompagnato da un triste suono di campane, a ricordo delle opere con cui hai fatto vibrare il cuore degli uomini,hai parlato all'anima e non alla ragione,hai trasmesso emozioni,gioia,speranza; proprio come il tuo mastro campanaro Jacopo Marotta.

 Arrivederci.Calogero

 
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